lunedì 3 ottobre 2011

Tatatatannn tatatatannnn Davanti alla legge di Franz Kafka.

Salve Ragazzi ben ritrovati sulla nostra dolce Casetta! Come state? Come avete trascorso questa giornata? Noi, giusto per aggiungere la ciliegina sulla torta di quest'oggi, volevamo proporvi la lettura di uno stupendo ed enigmatico racconto di Franz Kafka, scrittore contemporaneo che adoriamo, aggiungendo anche un piccolo commentino, assolutamente personale (puntualizzaimo u.u), nel quale ci siamo dovute dilettare su ordini della prof -.-'', dunque se ne avete voglia fermatevi e sprecate cinque minuti del vostro prezioso tempo per sentire cosa Kafka (con la gentile collaborazione di Casmi e Rosbì parentesi nella parentesi (scusate, morivamo dalla voglia di pronunciare una frase del genereeee)) ha da dirvi...


Davanti alla legge di Franz Kafka
Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire.
L’uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi,» dice il guardiano, «ma adesso no». Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come sempre e il guardiano si scosta un po’, l’uomo si china per dare, dalla porta, un’occhiata nell’interno.
Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare ad onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l’ultimo dei guardiani. All’ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.»
L’uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera all’uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso.
Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a lato della porta. Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può consentirgli l’ingresso.
L’uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, però gli dice: «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.»
Durante tutti quegli anni l’uomo osserva il guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli appare l’unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che invecchia, limitandosi a borbottare tra sè.
Rimbambisce, e poiché, studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi idea.
Alla fine gli s’affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della legge.
Non gli rimane più molto da vivere. Prima della morte tutte le nozioni raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell’uomo.
«Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.» «Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l’uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all’infuori di me, ha chiesto di entrare?»
Il guardiano si accorge che l’uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l’ingresso. E adesso vado e la chiudo.»


Commentino di Casmola e Rosbola: Qual è il vero significato di questo brano? Apparentemente nessuno in particolare, pagine che scorrono, passano temporaneamente attraverso il nostro cervello per poi essere cacciate fuori tanto velocemente quanto sono entrate. Occorre infatti scavare nel profondo, analizzare ogni singolo frammento di questo meraviglioso ed enigmatico brano e fermarsi a riflettere aprendo la mente, semplicemente per ascoltare quello che l’autore ci grida, ma che purtroppo i nostri orecchi si sono un po’ disabituati a ascoltare. Solo in tal modo è possibile giungere a carpire, toccare con mano, il vero significato che si cela oltre le parole. Ci rendiamo chiaramente conto che quella utilizzata da Kafka è una metafora, metafora che in parte possiede un valore oggettivo e che in parte ciascuno può interpretare come crede, anzi come sente. Si, perché la verità è una sola, ma ognuno possiede la sua e dunque è quello che ci viene da dentro a cui dobbiamo dare ascolto. Un uomo trascorre tutta quanta la sua vita cercando di arrivare alla legge, ma il guardiano che sorveglia la porta della legge gli impedisce di andare avanti e addirittura lo spaventa dicendogli che se anche oltrepassasse quel portone si troverebbe di fronte altri guardiani, dieci, mille volte peggiori di lui. L’uomo tuttavia rimane coerente e fermamente attaccato al proprio desiderio, attende sino al sopraggiungere della morte. Allora prima di esalare l’ultimo respiro domanda al guardiano il motivo per il quale se tutti aspirano alla legge perché nessuno abbia mai provato a raggiungerla. Il guardiano si rende allora conto che finalmente l’uomo ci è arrivato, ha con la sua stessa domanda a risposto all’interrogativo di tutta un’esistenza. Quella porta era destinata a lui e solo a lui poiché si è dimostrato l’unico sinceramente desideroso di varcarla e proprio perpetuando in questo suo atteggiamento ci è riuscito, dunque non ha più bisogno di passare attraverso quella porta, perché quella è come dentro di lui, gli apparteneva già tempo, forse da sempre, anche se egli ne era all’oscuro, ed ora in seguito all’avvenuta rivelazione, poteva anche essere richiusa.

Buona serata, Casmi & Rosbì.

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