Oggi ci tuffiamo ancora una volta fra le pagine sottili dei libri...oggi i nostri incipit sono opera di una scrittice cilena...Isabel Allende. Tre incipit, tre libri, tre storie toccanti che vogliamo invitarvi a leggere, saggiando il potere delle parole...
La casa degli spiriti
Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l'abitudine di scrivere le cose importanti e più tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant'anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedí Santo. Stava in una gabbia lercia, coperto dei suoi stessi escrementi e della sua stessa orina, con uno sguardo smarrito di prigioniero miserabile e indifeso, ma già si intuiva – dal portamento regale della sua testa e dalla dimensione del suo scheletro – il gigante leggendario che sarebbe diventato. Era quello un giorno noioso e autunnale, che in nulla faceva presagire gli eventi che la bimba scrisse perché fossero ricordati e che accaddero durante la messa delle dodici, nella parrocchia di San Sebastián, alla quale assistette con tutta la famiglia.
La città delle bestie
All'alba Alexander Cold fu svegliato di soprassalto da un incubo. Aveva sognato un enorme uccello nero che si schiantava contro la finestra con un fragore di vetri infranti, penetrava in casa e si portava via la mamma. Immobile osservava il gigantesco avvoltoio ghermire la madre per i vestiti con i suoi artigli gialli, volare dalla finestra rotta e perdersi in un cielo carico di densi nuvoloni. Il rumore del vento che sferzava gli alberi, la pioggia sul tetto, lampi e tuoni gli tolsero definitivamente il sonno. Accese la luce con la sensazione di trovarsi su una barca alla deriva e si avvinghiò alla sagoma del cagnone che gli dormiva di fianco. Sapeva che a pochi isolati da casa sua l'Oceano Pacifico mugghiava, infrangendo le sue onde furiose contro la scogliera. Rimase ad ascoltare la tempesta e a pensare all'uccello nero e alla mamma, in attesa che si placassero i rulli di tamburo che sentiva nel petto.
Inés dell'anima mia
Sono Inés Suarez, suddita nella leale città di Santiago della Nuova Estremadura, Regno del Cile, anno 1580 di Nostro Signore. Della data esatta della mia nascita non sono certa ma, stando a mia madre, venni alla luce dopo la carestia e la terribile pestilenza che devastarono la Spagna alla morte di Filippo il Bello. Non credo fosse stata la scomparsa del re a provocare la peste, come diceva la gente vedendo passare il corteo funebre che lasciava dietro di sé per giorni, sospeso nell'aria un odore di mandorle amare, ma non si può mai dire... La regina Giovanna, ancora giovane e bella, percorse in lungo e in largo la Castiglia per oltre due anni portandosi appresso quel feretro che apriva di tanto in tanto per baciare le labbra del marito, nella speranza che resuscitasse. A dispetto degli unguenti dell'Imbalsamatore, il Bello puzzava. Quando io venni al mondo, la sventurata regina, pazza da legare, era già stata reclusa nel palazzo di Tordesillas insieme al cadavere del consorte, e ciò significa che ho sul groppone almeno una settantina di inverni e che prima di Natale mi toccherà morire.
Buona lettura Casmi e Rosbì ^^
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