giovedì 5 maggio 2011

"Letture pomeridiane con Casmi e Rosbì"

Oggi vi proponiamo l'incipit di un libro stupendo "Il ritratto di Dorian Grey", libro uscito dalla geniale mente di un personaggio che adoriamo tanto quanto ciò che scrisse, Oscar Wilde, buona lettura ^^ ...  

Lo studio era pervaso dall'odore intenso delle rose e, quando tra gli alberi del giardino spirava la leggera brezza estiva, dalla porta spalancata entrava l'intenso odore dei lillà, o il più delicato profumo dei fiori rosa dell'eglantina.
Dall'angolo del divano di coperte da sella persiane, sul quale era sdraiato, fumando com'era sua abitudine innumerevoli sigarette, Lord Henry Wotton coglieva lo splendore dei fiori di liburno del colore e della dolcezza del miele, i cui tremuli rami parevano appena sopportare il peso della loro fiammeggiante bellezza. Ogni tanto, l'ombra fantastica di un uccello in volo saettava, con un fuggevole effetto giapponese, sulle lunghe tende di seta grezza tese dinanzi all'enorme finestra ricordandogli quei pittori di Tokio dal viso di pallida giada che, con i mezzi di un'arte necessariamente immobile, cercano di rendere il senso della velocità e del moto. Il cupo ronzio delle api che vagavano tra le alte erbe non falciate o roteavano con monotona insistenza intorno agli stami coperti di polvere dorata degli sparsi caprifogli sembrava rendere ancora più opprimente la sensazione di immobilità. Il rombo sommesso della città di Londra ricordava le note basse di un organo lontano.
In mezzo alla stanza, fissato a un cavalletto, stava il ritratto a figura intera di un giovane di straordinaria bellezza e di fronte, poco lontano, sedeva l'autore, Basil Hallward, la cui improvvisa scomparsa alcuni anni prima aveva suscitato tanto scalpore e fatto sorgere tante strane congetture.
Mentre il pittore guardava la forma bella e piena di grazia che con tanta abilità artistica aveva raffigurato, un sorriso di compiacimento gli attraversò il volto e parve volervisi fermare. Ma, improvvisamente, si alzò e chiudendo gli occhi posò le dita sulle palpebre, come se volesse tener prigioniero nella mente uno strano sogno da cui temeva ridestarsi.
"È la tua opera migliore, Basil, la più bella cosa che hai mai fatto," disse languido Lord Henry. "Devi assolutamente esporla al Grosvenor. L'Accademia è troppo grande e troppo volgare. Ogni volta che ci sono andato c'era tanta di quella gente che non sono riuscito a vedere i quadri, il che è tremendo, oppure tanti di quei quadri che non sono riuscito a vedere la gente, il che è anche peggio. Davvero, il Grosvenor è l'unico posto possibile."
"Penso che non lo esporrò in nessun posto," rispose il pittore gettando all'indietro il capo in quello strano modo che provocava le risate dei suoi compagni di Oxford. "No, non lo esporrò in nessun posto."
Lord Henry inarcò le sopracciglia e lo guardò stupito attraverso le sottili spire di fumo che salivano in fantastici arabeschi dalla sigaretta grevemente oppiata. "Non vuoi esporlo? Perché, mio caro amico? C'è qualche motivo? Che strani tipi siete, voi pittori! Fate qualunque cosa per ottenere una reputazione, poi non appena l'avete raggiunta pare che la vogliate gettare via. È una sciocchezza, perché al mondo c'è una sola cosa peggiore del far parlare di sé ed è il non far parlare di sé. Un ritratto come questo ti porrebbe più in alto di tutti i giovani inglesi e ti farebbe invidiare dai vecchi, posto che i vecchi siano in grado di provare emozioni."
"So che riderai di me," rispose il pittore, "ma non posso davvero esporlo. Vi ho messo dentro troppo di me."
Lord Henry si allungò sul divano ridendo.
"Sì, sapevo che avresti riso; comunque è proprio vero."
"Troppo di te! Parola mia, Basil, non ti credevo così vanitoso; e non riesco proprio a trovare nessuna rassomiglianza tra te, con quel tuo viso forte e marcato e i capelli neri come il carbone, e questo giovane Adone che pare fatto di avorio e petali di rosa. Infatti, mio caro Basil, lui è un Narciso e tu... ecco, naturalmente hai un'espressione intelligente e tutto il resto, ma la bellezza, la vera bellezza, finisce dove inizia l'espressione intelligente. L'intelletto è di per se stesso una sorta di eccesso e in qualunque volto distrugge l'armonia. Non appena uno comincia a pensare, diventa tutto naso o tutta fronte, oppure qualcosa di orrendo. Guarda quelli che hanno avuto successo nelle professioni intellettuali. Sono assolutamente disgustosi. Eccetto, naturalmente, gli uomini di chiesa. Ma, del resto, gli uomini di chiesa non pensano. A ottant'anni un vescovo continua a ripetere quello che gli è stato insegnato a diciotto e, come naturale conseguenza, ha sempre un aspetto delizioso. Questo tuo misterioso amico di cui non mi hai mai detto il nome, ma il cui ritratto trovo davvero affascinante, non pensa mai. Ne sono assolutamente sicuro. È una creatura bella e priva di cervello, una creatura che si dovrebbe avere sempre vicina d'inverno, quando non ci sono fiori da ammirare e d'estate, quando si sente il bisogno di qualcosa che rinfreschi l'intelligenza. Non illuderti, Basil, non gli assomigli minimamente."
"Non mi hai capito, Harry," replicò l'artista. "Naturalmente non gli assomiglio. Lo so perfettamente. In realtà mi dispiacerebbe assomigliargli. Scuoti le spalle? No, dico la verità. In ogni genere di distinzione, sia intellettuale che fisica, c'è una fatalità, quel genere di fatalità che, nella storia, pare in agguato sui passi incerti dei re. È meglio non essere diversi dal nostro prossimo. I brutti e gli stupidi hanno la parte migliore del mondo. Possono mettersi seduti a loro agio e godersi lo spettacolo. Se della vittoria non sanno nulla, gli viene perlomeno risparmiata la consapevolezza della sconfitta. Vivono come tutti dovremmo vivere: senza turbamenti, indifferenti e senza preoccupazioni. Non fanno male agli altri e non ricevono male da mani altrui. La tua nobiltà e la tua ricchezza, Harry, la mia intelligenza, per quel che può essere, la mia arte per quel che può valere, la bellezza di Dorian Gray: tutti soffriremo di ciò che gli dei ci hanno donato, ne soffriremo terribilmente tutti."
"Dorian Gray? Si chiama così?" domandò Lord Henry, muovendosi verso Basil Hallward.
"Sì, si chiama così. Non volevo dirtelo."
"Perché no?"
"Oh, non saprei spiegartelo. Quando una persona mi piace moltissimo, non dico mai a nessuno il suo nome. È come cederne una parte. Sono giunto ad amare la segretezza. Pare essere l'unica cosa che può renderci piena di meraviglia e di mistero la vita moderna. Basta nasconderla, e la più banale delle cose diventa deliziosa. Quando parto da Londra, non dico mai ai miei dove vado. Se lo dicessi, perderei ogni piacere. È una stupida abitudine, certo, ma in un certo qual modo pare che porti una grossa dose di romanticismo nella nostra vita. Immagino che mi riterrai tremendamente stupido."
"Niente affatto," rispose Lord Henry, "niente affatto. Forse dimentichi che sono sposato e l'unico elemento di fascino del matrimonio sta nella necessità di una vita di inganni tra i coniugi. Io non so mai dov'è mia moglie e lei non sa mai che cosa sto facendo. Quando ci incontriamo, succede qualche volta, se usciamo insieme a cena o andiamo dal duca, ci raccontiamo con l'espressione più seria le cose più assurde. In questo mia moglie è molto brava, molto più brava di me. Non confonde mai i suoi appuntamenti, mentre a me capita regolarmente. Ma quando mi coglie in fallo, non mi fa scenate. A volte vorrei che me le facesse, ma lei si limita a prendermi in giro."
"Non sopporto il modo che hai di parlare della tua vita matrimoniale, Harry," disse Basil Hallward, dirigendosi verso la porta che dava sul giardino. "Ritengo che tu sia un ottimo marito, ma che ti vergogni moltissimo delle tue virtù. Sei un tipo straordinario. Non dici mai una sola parola morale e non fai mai una cosa sbagliata. Il tuo cinismo è semplicemente una posa."
"La naturalezza è semplicemente una posa, e la più irritante che conosca," esclamò Lord Henry ridendo. I due uomini uscirono insieme nel giardino e si accomodarono su un lungo sedile di bambù all'ombra di un alto cespuglio di alloro. Il sole scivolava sulle foglie lucide, bianche margherite fremevano nell'erba.
Dopo una pausa, Lord Henry estrasse l'orologio. "Mi dispiace, Basil, ma devo andare," mormorò, "e prima di andarmene vorrei che tu rispondessi a una domanda che ti ho fatto poco fa."
"Quale domanda?" domandò il pittore, tenendo gli occhi fissi a terra.
"Lo sai benissimo."
"Non lo so, Harry."
"Bene, te la ripeterò. Voglio che tu mi spieghi perché non vuoi esporre il ritratto di Dorian Gray. Voglio sapere il vero motivo."
"Te l'ho detto."
"No. Hai detto che non volevi, perché in esso c'era troppo di te. Ora, questo è infantile."
"Harry," disse Basil Hallward, guardandolo negli occhi, "ogni ritratto dipinto con sentimento è un ritratto dell'artista, non del modello. Il modello è solamente un accidente, l'occasione. Non è lui quello che viene rivelato dal pittore; è piuttosto il pittore che sulla tela dipinta rivela se stesso. Il motivo per cui non esporrò questo quadro è che ho il timore di avervi messo in evidenza il segreto della mia anima."
Lord Henry rise. "E qual è questo segreto?"
"Te lo dirò," disse Hallward, ma sul viso gli apparve un'espressione perplessa.
"Sono impaziente, Basil," insistette l'amico lanciandogli un'occhiata.
"Oh, c'è davvero molto poco da dire, Harry," rispose il pittore, "e temo che ti sarà difficile capirlo. Forse non lo crederai nemmeno."
Lord Henry sorrise, si chinò a raccogliere nell'erba una margherita dai petali rosati e la esaminò. "Sono sicuro che ti capirò," replicò fissando attentamente il minuscolo disco d'oro piumato di bianco, "e per quanto riguarda il credere, posso credere a qualunque cosa purché sia del tutto incredibile."
Il vento fece cadere alcuni boccioli dagli alberi e i pesanti lillà con i loro grappoli di stelle oscillarono nell'aria languida. Accanto al muro una cavalletta cominciò a emettere il suo lieve stridio e una lunga e sottile libellula fluttuò nell'aria come un filo azzurro sulle ali di seta bruna. Lord Henry aveva l'impressione di percepire il palpito del cuore di Basil Hallward. Si chiese che cosa stesse avvenendo.
"La storia è semplicemente questa," disse il pittore dopo qualche attimo. "Due mesi fa andai a un ricevimento da Lady Brandon. Sai che noi poveri artisti di tanto in tanto ci dobbiamo far vedere in società, solo per ricordare al pubblico che non siamo selvaggi. Sei stato tu una volta a dirmi che, con un abito da sera e una cravatta bianca, chiunque, persino un agente di cambio, può guadagnarsi la reputazione di creatura civile. Bene, mi trovavo nella stanza da una decina di minuti e stavo parlando con enormi matrone troppo vestite e con noiosi accademici, quando improvvisamente mi resi conto che qualcuno mi stava guardando. Mi girai a metà e per la prima volta vidi Dorian Gray. Quando i nostri occhi si incontrarono mi sentii impallidire. Fui preso da una strana sensazione di terrore. Mi rendevo conto di trovarmi di fronte a un uomo il cui semplice fascino personale era tale che, se mi fossi lasciato andare, se glielo avessi permesso, avrebbe assorbito in sé la mia vera natura, la mia vera anima, persino la mia arte. Non voglio influenze esterne nella mia vita. Tu stesso, Harry, sai quanto io sia indipendente di natura. Sono sempre stato padrone di me stesso o almeno lo sono stato finché non ho incontrato Dorian Gray. Allora... ma non so come spiegartelo. Qualcosa pareva dirmi che ero sull'orlo di una terribile crisi. Avevo la strana sensazione che il destino avesse in serbo per me gioie squisite e squisite tristezze. Ebbi paura e mi voltai per lasciare la stanza. Non era la coscienza che mi spingeva a farlo, quanto piuttosto una sorta di viltà. Non mi vanto di aver cercato di fuggire."
"La coscienza e la viltà sono esattamente la stessa cosa, Basil. La coscienza è semplicemente il marchio di fabbrica della ditta: tutto qui."


e per salutarvi una piccola citazione manga che non centra assolutamente nulla però vabbè fa niente...
 "La cosa importante è che,qualsiasi strada si scelga...questa scelta non sia una scusa" (prof.Hanamoto-Honey and Clover)

Buona giornata e buan lettura da Casmi e Rosbì

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