Dopo aver gustato i nostri fantastici Cookies, vogliamo proporvi una lettura pomeridiana per occupare questo pomeriggio un po' grigio; se proprio il cielo ci obbliga a rintanarci in casa, cosa potremmo fare di meglio se non leggere?!
Si tratta di un libro davvero molto affascinante: "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano e per darvi un'idea di questo bellissimo testo vi lasciamo l'incipt del libro...
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjx2LvBaN0gFc3POLTSNSj1FU0RagA_TuA6I5_49MZgu7I5InPJRZ9gFD2S-Fa4L1gNjSyPu9eM7Hqqayou_nfVsRBNIlsJkH73fqwekVDxRa8VldTCkj0YULg5qPr7pSdBZA-mLChR72A/s400/La+solitudine+dei+numeri+primi.jpg)
Alice Della Rocca odiava la scuola di sci. Odiava la sveglia alle sette e mezzo del mattino anche nelle vacanze di Natale e suo padre che a colazione la fissava e sotto il tavolo faceva ballare la gamba nervosamente, come a dire su, sbrigati. Odiava la calzamaglia di lana che la pungeva sulle cosce, le moffole che non le lasciavano muovere le dita, il casco che le schiacciava le guance e puntava con il ferro sulla mandibola e poi quegli scarponi, sempre troppo stretti, che la facevano camminare come un gorilla.
«Allora, lo bevi o no questo latte?» la incalzò di nuovo suo padre. Alice ingurgitò tre dita di latte bollente, che le bruciò prima la lingua, poi l’esofago e lo stomaco. «Bene. E oggi fai vedere chi sei» le disse. E chi sono?, pensò lei. Poi la spinse fuori, mummificata nella tuta da sci verde, costellata di gagliardetti e delle scritte fluorescenti degli sponsor. A quell’ora faceva meno dieci gradi e il sole era solo un disco un po’ più grigio della nebbia che avvolgeva tutto. Alice sentiva il latte turbinare nello stomaco, mentre sprofondava nella neve con gli sci in spalla, che gli sci bisogna portarseli da soli, finché non diventi talmente bravo che qualcuno li porta per te. «Tieni le code in avanti, che altrimenti ammazzi qualcuno» le disse suo padre. A fine stagione lo Sci Club ti regalava una spilla con delle stelline in rilievo. Ogni anno una stellina in più, da quando avevi quattro anni ed eri abbastanza alta per infilare tra le gambe il piattello dello skilift, a quando ne compivi nove e il piattello riuscivi ad acchiapparlo da sola. Tre stelle d’argento e poi altre tre d’oro. Ogni anno una spilla per dirti che eri un po’ più brava, un po’ vicina alle gare agonistiche che terrorizzavano Alice. Ci pensava già allora, che di stelline ne aveva solo tre. L’appuntamento era di fronte alla seggiovia alle otto e mezzo in punto, per l’apertura degli impianti. I compagni di Alice erano già lì, a formare una specie di cerchio, tutti uguali come soldatini, imbacuccati nella divisa e rattrappiti dal sonno e dal freddo. Puntavano i bastoncini nella neve e ci si appoggiavano sopra, ancorandoli alle ascelle. Con le braccia a penzoloni sembravano tanti spaventapasseri. Nessuno aveva voglia di parlare, men che meno Alice. Suo padre le diede due colpi troppo forti sul casco, manco volesse piantarla nella neve.«Stendili tutti. E ricorda: peso in avanti, capito? Peso-in-a-van-ti» le disse. Peso in avanti, rispose l’eco nella testa di Alice. Poi lui si allontanò, soffiandosi tra le mani chiuse a coppa, lui che se ne sarebbe presto tornato al calduccio di casa a leggere il giornale. Due passi e la nebbia se lo inghiottì. Aiice lasciò cadere malamente gli sci a terra, che se suo padre l’avesse vista gliele avrebbe suonate lì, davanti a tutti. Prima di infilare gli scarponi negli attacchi, li batté sul fondo con il bastoncino, per far venir giù le zolle di neve appiccicate. Le scappava già un po’. La sentiva spingere sulla vescica, come uno spillo conficcato dentro la pancia. Non ce l’avrebbe fatta nemmeno oggi, ne era sicura. Ogni mattina lo stesso. Dopo colazione si chiudeva nel bagno e spingeva, spingeva, per svuotarsi di tutta la pipì. Rimaneva sul water a contrarre gli addominali finché dallo sforzo non le prendeva una fitta alla testa e le sembrava che gli occhi le sgusciassero dalle orbite, come la polpa dell’uva fragola se schiacci l’acino. Apriva al massimo il rubinetto dell’acqua perchésuo padre non sentisse i rumori. Spingeva stringendo i pugni, per spremere anche l’ultima goccia. Rimaneva seduta così finché suo padre non bussava forte alla porta del bagno e gridava allora signorina, abbiamo finito che siamo in ritardo anche oggi? Tanto non serviva a niente. Arrivata in fondo alla prima seggiovia le scappava sempre così forte che era costretta a sganciarsi gli sci, ad accovacciarsi nella neve fresca, un po’ in disparte, a fingere di stringersi gli scarponi e intanto a fare la pipì. Ammucchiava un po’ di neve addosso alle gambe tenute strette e si pisciava addosso. Dentro la tuta, nella calzamaglia, mentre tutti i suoi compagni la guardavano ed Eric, il maestro, diceva come sempre aspettiamo Alice. È proprio un sollievo, si trovava a pensare ogni volta, con quel bel tepore che le si squagliava tra le gambe infreddolite. Sarebbe un sollievo. Se solo non stessero tutti lì a guardarmi, pensava Alice. Prima o poi se ne accorgeranno. Prima o poi lascerò una chiazza gialla sulla neve. Mi prenderanno tutti in giro, pensava. Uno dei genitori si avvicinò a Eric e gli chiese se quel giorno non ci fosse davvero troppa nebbia per salire in quota. Alice tese le orecchie speranzosa, ma Eric esibì il suo sorriso perfetto.
Allora che ne dite vi ispira? Speriamo di sì, la prossima volta continueremo con il capitolo successivo, narrato dal punto di vista del protagonista maschile, Mattia, un personaggio eneigmatico, contraddittorio, ma proprio per questo molto intrigante.
Buon pomeriggio da Casmi e Rosbì :)
Buon pomeriggio da Casmi e Rosbì :)
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