domenica 15 gennaio 2012

Dalla libreria di Casmi & Rosbì: Recensione di ''La coscienza di Zeno''

Salve a tutti Amici, buonasera! Ecco in arrivo per voi una nuova recensione libresca! Si tratta di un lavoro parecchio approfondito su La coscienza di Zeno di Italo Svevo, un romanzo assegnatoci a scuola ma che ha finito irrimediabilmente con il conquistarci ed affascinarci... Dunque se vi interessa la nostra lunghissima (forse barbosissima) ma curatissima e sentitissima recensione accomodatevi pure!

Autore: Italo Svevo
Prezzo: 10 euro

Introduzione: La coscienza di Zeno è un romanzo di Italo Svevo. All’interno della prefazione del libro lo psicanalista Dottor S. dichiara di voler pubblicare "per vendetta" alcune memorie, redatte in forma autobiografica di un suo paziente, Zeno Cosini, sottrattosi alla cure. Gli scritti dell'ex-paziente costituiscono il contenuto del libro. Il romanzo non è altro che l'analisi della psicologia di Zeno, un individuo che si sente "malato" o "inetto" ed è continuamente in cerca di una guarigione dal suo malessere attraverso molteplici tentativi talora assurdi o sconclusionati che portano a effetti addirittura controproducenti. Il romanzo si articola come la confessione, il racconto in prima persona dello stesso Zeno. La narrazione, si focalizza su alcuni degli intrecci di maggior rilievo della sua biografia fra cui la morte del padre, il vizio del fumo, la rivalità con il cognato, il rapporto con la moglie e con l'amante. Non segue pertanto, un ordine cronologico ma piuttosto un ordine dettato dai rapporti logici e analogici tra gli episodi ricordati.

Estratto che funge da sunto: << Inetto >>, << malato >>, ecco quello che sei. Fuma quanto ti pare, tanto non cambierai. Certo, il Dottor S. crede in te, ti ascolta, sembra che abbia fiducia nelle tue capacità. Ma tu lo sai: Non cambierai mai. E in fondo va bene così: Che senso ha << cambiare >>? Per diventare che cosa? << Normale >>? Tuo padre l’aveva capito: con te non si va lontano. Avete sempre bisticciato, voi due, non vi siete mai capiti e, se ci pensi, quell’ultima manata che ti ha dato poco prima di morire era uno schiaffo o un gesto involontario?Forse anche Augusta, tua moglie, l’ha capito: non volevi lei, avresti preferito un’altra delle sorelle Malfenti, però è andata così e lei, nonostante tutto, nonostante tu l’abbia tradita è sempre stata al tuo fianco, ti ha sempre giustificato. E con Guido, poi, il tuo socio in affari? Un fallimento dopo l’altro, suo, tuo, è quando è morto non sei neppure riuscito ad arrivare al suo funerale, per sbaglio se andato a quello di un altro! C’è qualcosa dentro di te che non capisci. Il Dottor S. parla di <<inconscio>>, di <<sindrome edipica>>, chissà poi cos’è. Qualcosa che ha a che fare con la malattia, evidentemente, e con la tua sigaretta che non smette di bruciare.
Caratterizzazione del protagonista: Risulta davvero difficile penetrare nel profondo la ‘’coscienza’’ di Zeno, coscienza proprio nel senso letterale del termine… La sua mente contorta ed artificiosa, la sua psiche a tratti lucidamente folle, gli atteggiamenti dell’ ‘’inetto’’ per antonomasia che la letteratura conosce. Talvolta il suo cervello si comporta come distorcendo le immagini provenienti dal reale riadattandole e riconfigurandole secondo i dettami più strani e macchinosi, in modo da restituirgli una percezione degli avvenimenti assolutamente differente. Sembra infatti essere estranea al nostro Zeno la caratteristica della ‘’normalità’’, quel qualcosa che accomuna un po’ tutti rendendoci simili, esseri capaci di provare sentimenti ed emozioni, di dare il meglio di noi stessi, capaci di sbagliare ma anche di ricominciare da capo. Quella stessa normalità però, che rende uguali ciascuno nel suo personal modo e che nel caso del protagonista finisce con l’allontanarlo dal resto del mondo. Anche se, è probabilmente per tale motivazione che diventa così interessante scavare negli anfratti del suo animo, così pieno di sfumature e contraddizioni che solo per la loro unicità inconfondibile stimolano il lettore nel proseguire il proprio viaggio metaforico, quasi come il percorrere l’interno di un tunnel buio dove armato di torcia si incammina in un quel labirinto che si scopre sempre più intricato. Questa è la ‘’coscienza’’ di Zeno. Come adesso cercare di far ordine e creare un nesso tra la sua dimensione, a sé stante, e la nostra (così più grigia e normale)? La strutturazione del romanzo, come abbiamo visto ci viene in aiuto. Il libro è diviso in varie sezioni all’interno delle quali Zeno Cosini racconta alcuni dei periodi e degli eventi più significativi della sua vita, attraverso i quali ci permette di conoscerlo più da vicino e di comprendere la psicologia che lo ha portato ad essere quello che è stato (e che continuerà ad essere quale immortale personaggio letterario): Una costante e deprimente esistenza trascorsa tra insuccessi. Un fallito. Risulta piuttosto triste ed obsoleta come definizione in quanto è proprio lui protagonista, potremmo definirlo quasi l’eroe, della ‘’storia’’, eppure è lui stesso a condannarsi a questo inesorabile ed ineludibile destino.  Partendo dal principio del nostro viaggio, siamo davanti all’entrata del tunnel oscuro che si staglia dinanzi a noi con solo la fievole luce della torcia ad assisterci, si potrebbero scorgere le radici della sua deformazione psicologica nell’infanzia trascorsa in una famiglia piuttosto particolare che ha contribuito alla formazione della sua fragile ed insicura personalità, persuadendolo del fatto che non avrebbe mai potuto combinare granchè di buono nella sua vita, ricevendo così una serie di condizionamenti che di sicuro hanno segnato il suo sviluppo. A tal proposito di sicuro è determinante il ruolo ricoperto dal padre, da lui visto e considerato come un crudele gendarme che senza avergli neppure dato diritto di replica lo aveva bollato come inetto dichiarando che i suoi giorni erano segnati e tutti gli sforzi che egli profonde per dimostrargli quando si sbaglia, come ad esempio la sua preparazione accademica, gli si ritorcono contro. Frutto infatti della consapevolezza delle sue condizioni, di questa malattia che Zeno effettivamente finisce con il sentirsi a dosso, sarà il cambiare più e più volte indirizzo di studi tanto che il padre a causa dell’incostanza e della stoltezza del figlio assegnerà la gestione degli affari di famiglia ad estranei pur di non consegnarlo nelle mani del vero erede. Persino in punto di morte quest’epico scontro continuerà. Il protagonista all’inizio farà di tutto per cercare di allontanare l’idea della perdita del padre ignorando le proporzioni della sua malattia e solo quando al suo capezzale riceverà dal genitore come ultimo ‘’dono’’ un piccolo schiaffo sul viso si renderà conto di averlo perduto per sempre e di quanto egli in fondo avesse avuto ragione sul suo conto: un figlio che finge di non rendersi conto che il padre gli sta morendo tra le braccia e che si rifiuta di ascoltare il suo ultimo messaggio per una stupida questione di orgoglio, è un fallito. Vorrei però spezzare solo una misera lancia in favore del nostro inetto… A mio parere dietro tutti gli atteggiamenti di Zeno si cela la consapevolezza dell’imminenza della morte del padre e i suoi ultimi gesti in sua presenza rappresentano una già tempestiva reazione al dolore, che lo accompagnerà per l’intero corso della sua esistenza tanto da continuare a farlo scervellare sul significato di quello schiaffo. Evidente conseguenza della sua giovinezza a tratti dolorosa e contorta è anche il suo vizio per il fumo, che con il progredire del tempo si trasforma in una vera e propria malattia. In lui si alternano il desiderio smettere all’incapacità di farlo. C’è però da precisare che non si tratta solo di effettiva impossibilità o di mancanza di volontà; certo quest’ultima non è una delle sue caratteristiche più spiccate, eppure quando Zeno si ripropone di fare un qualcosa ci prova, cerca di dar tutto sé stesso, ma proprio quando si trova ad un passo dall’esserci riuscito si convince, a volte senza cognizione di causa, che non può farcela, solo perché magari l’hanno o si è voluto convincere, chissà per quale contorta motivazione, del contrario. Nel caso specifico del fumo il protagonista si preoccupa di annotare con cura tutte le ‘’U.S.’’ (ultime sigarette) all’interno di un agendina, ma ogni volta sa in fondo che quella non sarà mai la sua ultima. Il fumare infatti con la consapevolezza di non poter più farlo rende il sapore, l’aroma e la sensazione associata a quella sigaretta talmente singolare da indurlo a consumarne ancora ed ancora per ricercare nuovamente quella forma di piacere. Ecco quindi che si arrende, suo tipico atteggiamento, di fronte alla dura realtà. Vorrebbe, quasi potrebbe smettere, ma sceglie di non farlo cercando di convincersi che non è in grado di riuscirci. Nella lista poi dei suoi ‘’esperimenti’’ non andati a buon fine, il primo vero posto va assegnato alla sue nozze. Il matrimonio con Augusta, la meno desiderabile e desiderata delle sorelle Malfenti, costituirà ragione di delusione e sconfitta per il resto dei suoi giorni. Nonostante durante il corso del viaggio di nozze, come in generale negli anni trascorsi accanto a lei, egli cercherà di trarre consolazione dal fatto di poter contare su di una famiglia disposta ad accoglierlo e su di una disponibilissima moglie che seppure a conoscenza dei suoi misfatti continua ad amarlo incondizionatamente, si renderà anche conto di essersi condannato all’infelicità. Infelicità causata dal rifiuto da parte dell’unica donna da lui sul serio voluta, Ada, sorella maggiore di Augusta ed infelicità che Zeno cercherà di sanare in rapporti occasionali con una giovane ragazza Carla, ingenua ed innamorata. Tuttavia quest’anima complessa ed errante neppure nell’adulterio riuscirà a trovare distensione! Infatti proprio nel mentre in cui si abbandona al desiderio, improvvisamente sembra ricordarsi dell’esistenza della sua dolcissima consorte che ogni giorno, con instancabile e doverosa fedeltà lo attende, lo serve e gli dona affetto. Inizierà a questo punto ad alternare momenti di lucidità ad altri di follia. Il suo unico pensiero al mattino diverrà il recarsi da Carla presto succeduto, però, da quello più consapevole di ritornare a casa per la colazione, immancabile appuntamento con Augusta. Con il susseguirsi del tempo e degli avvenimenti tuttavia, avendo finalmente imparato a convivere con i sensi di colpa dovuti al tradimento, giungerà addirittura a giustificare sé stesso attraverso una complicata serie di ragionamenti, dei quali rende partecipe lettore e che realmente dopo pagine e pagine di ininterrotto flusso di coscienza finiscono con lo stordire lo stordirci e portarci per qualche istante a credere che in effetti il protagonista abbia ragione; è il mondo con le sue stupide congetture a sbagliare pensandola in maniera differente, nella sua mente, una volta raggiunto tale precario equilibrio, ogni casa sembra filare liscia. Come dovremmo però ormai aver imparato, essendo giunti oltre la metà del burrascoso viaggio nel tunnel della psiche di Zeno, nulla è così scontato e proprio quando sembra delinearsi dinanzi al protagonista la prospettiva di una qualche parvenza di felicità o realizzazione, la proiezione dell’immaginario viene sgretolata dalla cruda realtà. Zeno è un inetto, non può farcela. Ed infatti ancora una volta la sua vita andrà a rotoli ma non di certo per una sua condizione di insuperabile vittima, piuttosto ancora una volta a causa sua, sua e delle sue parole. Persuade infatti la giovane amante, per indurre lei come sé stesso a proseguire la relazione, del fatto di non amare per niente sua moglie, anzi di disprezzarla; dopo però una serie di malintesi, in cui la fanciulla scambia un’Ada piangente  per Augusta, come dettoglie falsamente da Zeno, lo lascia credendo che la moglie in realtà sia a conoscenza di tutto e che soffra per la situazione. Per aver mentito sull’identità delle sorelle Malfenti Zeno perde anche l’ultima speranza di un futuro migliore. Conclusosi questo capitolo se ne apre  poi  un altro che purtroppo per il nostro protagonista, irrimediabilmente si concluderà allo stesso modo dei precedenti! ‘’Storia di un’associazione commerciale’’ già dal titolo d’apertura quest’attività sembra indirizzata verso uno squallido e disastroso sentiero. A proporgli di intraprendere tale attività sarà il cognato, Guido, marito dell’unica donna che Zeno avrebbe voluto al suo fianco, e che dunque per una rivalità di cui ancora sentiva il peso e le ferite nel cuore, decide di spalleggiare entrando nel giro degli affari. Quantunque il protagonista faccia di tutto per persuaderci e persuadere sé stesso di provare simpatia e complicità verso il suo nuovo socio, i tentativi risultano piuttosto fallimentari, perché sia lui che noi, siamo a conoscenza del fatto che egli essendosi imbarcato in quest’impresa semplicemente vorrebbe dimostrare la propria superiorità nei confronti di Guido. Accatastando da un lato i fallimenti finanziari, di una penosità e sfortuna davvero allucinanti, Zeno apparentemente sembra riuscire a combinare qualcosa di giusto. Cosa? Ada è a conoscenza del fatto che il marito la tradisca e chiede a Zeno di ‘’sorvegliarlo’’ al fine di salvare il loro matrimonio. Egli cerca di provarci in ogni modo possibile ma le vicende di si chiuderanno clamorosamente con Zeno che, dopo il suicidio del cognato, stratagemma in teoria escogitato per sollecitare la moglie a consegnargli i soldi della sua dote, perderà il funerale e si accoderà ad un corteo funebre sbagliato. Può esistere un esito più tragicomico? Probabilmente no ed è probabilmente questa una delle mille motivazione per le quali leggere questo libro e scoprire ancor più da vicino l’eroe inetto, il cavaliere della stoltezza, il re delle contraddizioni, il fascinoso ed in fondo anche lucidamente intelligente Zeno Cosini.

Casmi & Rosbì

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